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L’Apicoltura
nella Valle del Lys
Alby, Christille, Christillin e l’amore per le api
CORRADO ADAMO
È con grande piacere che raccolgo in questo articolo
gli appunti, la bibliografia, alcuni scritti editi (1) ed
alcuni lavori sull’apicoltura della Valle del Lys. Lo
ritengo un modo per ringraziare gli apicoltori della vallata
che mi hanno seguito ed aiutato fin dal 1981 quando percorrevo
per lungo e per largo questa stupenda vallata preparando la
mia tesi di laurea proprio sui mieli della Valle del Lys ancora
ignaro del fatto che questo territorio ed i suoi uomini furono
tra i grandi protagonisti dell’apicoltura valdostana
e non solo.

La storia documentata dell’apicoltura razionale (quella
tuttora utilizzata) nella Valle del Lys, per quanto ci è
dato oggi sapere, potrebbe cominciare così:
Correva l’anno del Signore 1803 quando ad Issime, dal
notaio e giudice di pace Jean-Joseph Alby (*Issime il 25 aprile
1773 – 3 maggio 1844) e da Marie Elisabeth Christille
di Jean Christophe notaio anch’esso e Giudice di pace
a Fontainemore, nacque Joseph Aimé Alby.
[…] Joseph-Aimé, comunemente noto come Joseph,
nato a Issime il 26 settembre 1803, fu avviato dal padre
agli studi di giurisprudenza. Il desiderio del genitore
era di farne un avvocato, perché il giovane era intelligente.
Lui però non amava gli studi, preferiva le attività
pratiche e non si sentiva portato per le sottigliezze giuridiche
né le schermaglie delle controversie. Frequentati
i primi due anni all’Università di Torino,
interruppe gli studi, e, verso il 1825, trovò un
modesto impiego presso l’allevamento di cavalli di
proprietà reale, che trovavasi a quei tempi nella
tenuta della Mandria a Venaria vicino a Torino. Quivi il
capitano di cavalleria in congedo Pierre Christophe Christille,
nativo di Issime, allora vice direttore della scuola di
equitazione, nonché suo cugino, veterano di molte
battaglie del periodo napoleonico, lo prese sotto la sua
protezione. Joseph-Aimé preferì dunque
dedicarsi a mansioni pratiche e, fra l’altro, all’apicoltura.
(2)
Ma non corriamo troppo veloci e facciamo qualche passo indietro;
del sig. J.A. Alby avremo sicuramente tempo di parlare.
Grazie alle ricerche dello storico O. Zanolli, leggiamo che
nel XIV° secolo l’apicoltura nella valle del Lys
era praticata non solo attraverso la raccolta del miele da
tronchi cavi ma attraverso la cura dei bugni villici, fossero
essi sezioni di tronchi cavi, parallelepipedi o bugni di paglia,
raccolti in bugnerecce per essere meglio accuditi..
[…]Parmis les rares témoignages de la culture
des abeilles au moyen-âge, mentionnont les suivants.
Un acte reçu per le notaire Vercellinus de Vallexia,
de Lillianes, du 6 décembre 1321, nous dit que Vulliermin
de Brecerio confesse tenir “in commanda secundum bonum
usum terre” (ce qui indique un usage général
de l’époque) de Martin de Alvonio: “unum
vas apium”, qu’il promet de tenir et garder à
la condition de pouvoir jouir de la moitié du produit
(3)

[…] Dans un autre document, nous constatons qu’aussi
les seigneurs de Vallaise, à Perloz en 1334, s’adonnaient
à l’apiculture, car dans un partage fait entre
les frères François, Jean et Bertholin, des
biens et maisons qu’ils avaient à Perloz, il
rèsulte qu’à Jean revint, entre autres,
la petite cour “ubi dicti frates tenebant apes”.
(4)
Per trovare altri atti comprovanti lo svolgimento dell’attività
apicola bisogna risalire fino alla fine del XVI° secolo.
O. Zanolli anche in questo caso ha ritrovato un documento
risalente al 1589 che indica come l’apicoltura prosperava
nel cantone di Colliour (frazione di Lillianes):
[…] Finalment, dans un acte du 10 mai 1589, reçu
par le notaire Jacques Sezian nous apprenons que l’apiculture
prospérait au chanton de Colliour; l’instrument
relate que “Nicolet de feu Antoine d’Aymo vendit
a Pierre de Jacquemin d’Esquinabo 5 botaigi de moches
à miel existants au lieu des Costés, en Colliour,
sis au-devant de la “crotte” du dit acqéreur,
pour le prix de cinq escus monnoye d’Yvré à
neufz-florins la pièce” (5).
Il vero e grande passo da gigante per la nostra apicoltura
viene però compiuto dall’allora studente Sig.
Joseph Alby di Issime, il quale, nel 1833, utilizzò
delle arnie orizzontali di sua ideazione provviste di favo
mobile per mezzo di portafavo. Questo passo è di importanza
fondamentale perché fino allora i favi erano fissati
dalle api alla struttura dell’arnia e di conseguenza
la raccolta del miele si poteva effettuare solo uccidendo
preventivamente le api con vapori di zolfo o comunque allontanando
momentaneamente le api per poi asportare in modo cruento parte
dei telai con api, cera e covata. Altri apicoltori ancora,
quali i Greci fin dai tempi più antichi o apicoltori
russi, svizzeri, inglesi, francesi tra il XVII° ed il
XVIII° secolo, e molti apicoltori italiani contribuirono
con il loro lavoro al passaggio graduale dalla apicoltura
rustica a quella a favo mobile ed è quindi corretto
evidenziare che anche un valdostano contribuì all’ideazione
delle arnie a favi mobili. Ricordiamo invece che in diversi
testi del 1851 si attribuisce l’invenzione dei favi
mobili a Langstroth (Stati Uniti) e/o Dzierzon (Germania)
(6). In quest’ottica penso sia interessante riportare
quanto tecnicamente, scientificamente e con grande enfasi
patriottica, fu scritto nel 1885, ovvero cinquant’anni
dopo i lavori di Alby, nelle pagine del periodico L’Apicoltura
Razionale stampato a Firenze. Rileggendo oggi quei passaggi,
specie perché scritti da penne non valdostane, a noi
rimane l’orgoglio e la consapevolezza di aver contribuito
allo sviluppo dell’apicoltura razionale Si tratta di
una comunicazione basata anche su testimonianze orali svolta
dal Cav. F. Rignon sulla scorta della ricerca svolta da don
Diego Giulio relative all’ Arnia Alby. Risulta che
[…] Molto illustre e reverendo Sig. Direttore,
dopo tante indagini […] ho il piacere di accompagnarle
un arnia Ducale o Alby; un disegno della medesima, ed una
descrizione corredata da molti attestati, inviatami l’altro
ieri dall’infaticabile Don Diego Giulio. […]
Torino, 18 ottobre 1885 Suo devotissimo F. Rignon
San Giorgio Canavese, 20 ottobre 1885
Illustrissimo Sig. Cavaliere, […] questa arnie si
dovrebbero considerare senza dubbio come escogitate dal
Sig. Alby di Issime (Valle Vallesa: Aosta) […] non
sono davvero, come andava dubitando, una copia di quella
di Dzierzön, strombazzato inventore del favo mobile,
cosa che io pure credei molti anni indietro, quando cioè
le veddi per la prima volta nel Parco suddetto: […]
“Come appunto dicevo più sopra, seppi dall’attuale
custode, che tra l’anno 1830 ed il 1835, l’Apicoltore
del Parco di Aglié, certo Cantamessa nativo di Govone
(Asti), fu mandato ad imparar meglio l’arte di coltivare
le api alla Venaria Mandria presso Torino, e che ivi soffermossi
per un mese. Seppi pure che al suo ritorno ad Aglié,
il Cantamessa portò seco alcune arnie, che servirono
di modello per costruire le altre dell’attuale apiario.
Da tale notizia naturalmente nacque in me la curiosità
di conoscere il loro autore. A tal effetto mi rivolsi ad
un amico dilettante di apicoltura e molto geloso di ogni
cosa che ridondi in onore del nostro paese. Egli mi comunicò
interessanti notizie sugl’impiegati della Mandria
prima del 1840, e dalle quali risulta, che ivi s’impiantò
un apiario nel 1833, con antiche arnie tolte dal magazzino
dei vecchi attrezzi apistici, e che poco tempo dopo se ne
introdussero pure delle nuove, escogitate dal Sig. Alby,
Segretario del Vice Direttore (7); e per ciò quelle
di Aglié debbonsi chiamare Arnie Alby e non Ducali…
Seguono
quindi una serie di documenti che dimostrano ed avvalorano
con precisione e dovizia di particolari quanto sopra detto
basandosi anche su testimonianze ed interviste dalle quali,
tra l’altro risulta che alcune di queste arnie furono
vendute da un eremita ad un valdostano nel 1870 come peraltro
si attesta che due arnie di questo tipo erano presenti presso
la signorina Vercellin di Pont-Saint-Martin alcuni anni dopo.
L’ultima testimonianza riguarda l’Avv. Cristillin
che in visita ai suoi cugini Cav. Cristille e Sig. Alby, all’Apiario
di Venaria, disse:
[…] Mi ricordo benissimo che nelle annate antecedenti
al 1841, epoca della mia laurea, avendo avuto ripetute volte
occasione di andare da Torino alla Venaria Mandria a visitare
il Capitano Cristille, il Sig. Alby di lui Segretario particolare,
mi fece vedere in uno dei vari cortili un Apiario composto
in parte di vecchie arnie fatte secondo il vecchio sistema,
cioè verticali, ed una quantità di altre orizzontali
e nuove affatto con scompartimenti in cristallo; di modo
che al di fuori e dalle due facciate si poteva benissimo
vedere le api ne’ loro lavori, ed avvertire se qualche
intruso animale fosse penetrato nell’alveare, ovvero
se nell’interno vi fosse qualche disordine o perturbazione,
o finalmente qualcosa di anomalo da rimediare, col togliere
e col rimettere facilmente quei favi che fosse bisognato,
per essere attaccati a delle stecche. Era il signor Alby
colui che si occupava esclusivamente della cura di questi
alveari. Credo che il signor Cristille suo cugino lo lasciasse
libero di agire a suo talento in quell’industria,
lasciando a lui pure il godimento del reddito. Mi ricordo
pure che l’Alby faceva frequenti escursioni nei dintorni,
per conoscere se ci fosse qualche cosa da imparare. Ecco
tutto. Mentre, o Illustrissimo Signor Cavaliere, la ringrazio
di molte e molte notizie favoritemi su questo proposito,
e che facilmente riconoscerà per sue, è con
tutta la stima che mi dichiaro
Devotissimo D. Diego Giulio
A completamento della documentazione presentata la redazione
ripercorre con enfasi precedenti dichiarazioni di altri illustri
ricercatori del tempo e conclude dicendo:
[…] Sì, o Signori germanizzanti, non vi
illudete, né vogliate più illudere, poiché
l’invenzione del porta favo, e dell’arnia la
più adatta al medesimo, è, come vedete, casalinga
e non straniera. Ciò lo ripetiamo con superbia e
con superbia del nome italiano. Che se poi al di là
delle alpi od oltre i mari, trovasi alcun che di rubacchiato
nella scienza e nell’industria apistica, e se colà
si va menandone da noi vanto come di invenzione loro propria,
la storia però madre di verità e di giustizia,
sempre vindice e punitrice dell’orgoglio e dell’ignoranza,
ora ci viene a ripetere giustamente quello che scriveva
il Prof. A.P. a pag. 137 del suo bellissimo sonetto, cioè:
Che quel che vi è di buon, tutto è nostrale
Gloria dunque all’Italia maestra di ogni nazione in
quest’arte; gloria al genio ed allo studio degl’italiani,
ma in modo speciale poi a quello del Piemontese (8) Sig.
Alby d’Issime nostro connazionale, e vergogna agl’indotti
oscurantisti, o servili adulatori dello straniero.
La Redazione (9)
Per concludere il capitolo dedicato a J. A. Alby ricordiamo
che:
[…] Non ci è nota la data della sua morte,
che non avvenne ad Issime, da dove si era allontanato da
diversi anni. È probabile che sia deceduto a Venaria.
Né sappiamo se si sia mai sposato. A quanto ci risulta
non lasciò discendenza. (10)
Gli apicoltori della Valle del Lys continuano ad essere sempre
molto attivi e nel 1938 viene pubblicata una guida pratica
scritta dal dott. B. Christillin sempre di Issime e voluta
dal Regio Ispettorato dell’Agricoltura per la Provincia
di Torino, della quale fece parte la Valle d’Aosta fino
al 1926, in cui si dice che ad Issime funzionava il Consultorio
Apistico Italiano ed al quale ci si poteva rivolgere per iscritto
per eventuali consulenze o per seguire un corso per corrispondenza
(11).
Si tratta di una guida di facile lettura, estremamente pratica
e precisa, molto attinente all’apicoltura di montagna
e che tratta temi di questo ambiente. Questo è il vantaggio
di questo libretto rispetto alle pubblicazioni dell’epoca
più dedite all’apicoltura mediterranea. Decisamente
innovativo, serio e pieno di concretezza che lascia trasparire
la conoscenza pratica, e non solo teorica, dell’apicoltura
di montagna. Merita di essere letto perché ancora attuale
per molti aspetti. Questa non fu la sola pubblicazione del
dott. Cristillin poiché già nel 1931 venne pubblicata
una prima guida pratica che trattava temi più generali
relativi all’apicoltura razionale ed intensiva occupandosi
della teoria, delle basi dell’apicoltura razionale,
dei possibili problemi e dei relativi rimedi oltre che della
conservazione ed incremento dell’apiario nonché
dell’apicoltura pastorale o nomade (12).
L’apicoltura e gli apicoltori di questa vallata sono
sempre rimasti molto attivi producendo ottimi mieli dai pascoli
nettariferi molto ambiti anche da apicoltori di fuori valle
ed in particolare delle vicine terre piemontesi. Gli apicoltori
residenti nella valle del Lys nel 2004 erano pari a 28 per
un totale di 993 alveari a quali bisogna sommare nel periodo
estivo altri 827 alveari valdostani oltre agli alveari provenienti
da fuori valle portati da apicoltori non valdostani. Sempre
nel 2004 vi erano 10 apicoltori a Fontainemore, 5 a Lillianes
e a Pont-St-Martin, 3 ad Issime e Perloz, un solo apicoltore
a Gaby e a Gressoney-St-Jean. La più alta concentrazione
di alveari posseduti, si concentra a Lillianes con 370 alveari,
seguita da Fontainemore (343 alveari) e Pont- St-Martin (243
alveari).
Su una superficie territoriale pari a 28.338 ha insistono
quindi 1827 alveari di apicoltori valdostani: ogni alveare
dispone mediamente nel periodo estivo (senza contare i nomadisti
di fuori valle) di una superficie di 15,51 ha di territorio.
Rispetto ad una indagine svolta nel 1981 e 1982 (v. nota 13)
risulta che gli apicoltori residenti nella valle si sono ridotti
passando da 40 a 28 mentre gli alveari sono incrementati passando
da 644 agli attuali 993 con tutte le precisazioni sopra esposte.
Ciò risulta in linea con le condizioni generali dell’agricoltura
laddove la specializzazione ed il mercato causano una diminuzione
costante del numero di aziende con un mantenimento o un aumento,
come in questo caso, del numero di capi. Gli apicoltori della
Valle del Lys posseggono mediamente 35 alveari a testa contro
une media regionale di 15, confermando l’importanza
dell’apicoltura locale nel contesto regionale. Questo
importante e progressivo aumento si è stabilizzato
negli ultimi anni su valori importanti considerando che nel
1981 ogni apicoltore possedeva mediamente 16 alveari.
Si tratta di una valle del tutto particolare anche dal punto
di vista climatico, poiché le precipitazioni annue
sono quasi il doppio di quelle che cadono nella piana di Aosta
il che comporta lo sviluppo rigoglioso di una flora differenziata
sia nella fascia del Castanetum che del Piceatum. Dai rilevamenti
botanici svolti si è potuto osservare che le piante
di interesse apicolo sono circa 300 visitate sia per nettare
che polline e propoli rappresentando una ottimo giacimento
nettarifero per tutti gli alveari ivi presenti. In effetti
anche Prof. B. Cristillin di Issime, nel 1938, citava tra
le piante di maggior interesse apicolo il Lamium maculatum,
il nocciolo, il salice, il pioppo, il ribes, l’acero,
il faggio, il castagno, diverse leguminose coltivate, i vari
fruttiferi, il trifoglio bianco, la melissa, il tiglio, la
salvia, la menta, l’edera, il rododendro, il mirtillo,
l’erica, la sulla, l’erba medica, il tarassaco,
il meliloto, il timo serpillo e la lupinella (14), a conferma
di quanto sopra dichiarato.
Nei prati e nei pascoli è importante la presenza del
tarassaco nel periodo primaverile per rinforzare le famiglie
e per l’accumulo del nutriente polline. Le famiglie
maggiormente rappresentate sono le Polygonaceae, Rosaceae,
Leguminosae, Umbelliferae e Compositae.
Al limitare del bosco e nelle zone abbandonate risultano
interessanti le Salicaceae, le Rosaceae, le Cornaceae
e le Onagraceae; nei boschi della bassa valle è
predominante il castagno che deve lasciare spazio a macchie
di tigli, aceri e maggiociondoli sopra gli 800 m. Le diverse
specie di Salix, Alnus e Sorbus costeggiano il Lys
lungo il suo tragitto. A quote più elevate il rododendro
diventa una delle fonti nettarifere principali fino a ricoprire
con grandi macchie di color rosso porpora intenso grandi superfici
dei due comuni di Gressoney.
Nei mieli della Valle del Lys è possibile ritrovare
tutte le tipologie di miele prodotte in Valle d’Aosta
: Il castagno monoflorale, con percentuale di polline di C.
sativa compresa tra il 90 e il 98% viene prodotto nei comuni
di Pont-St-Martin, Perloz e Lillianes. Dopo Lillianes il castagno
comincia a scemare fino ad Issime anche se nel territorio
di Fontainemore è ancora possibile produrre miele monoflorale
di castagno.
Il millefiori di montagna ottenibile sull’intera vallata
è prodotto da alveari stanziali posizionati preferibilmente
nei comuni di Fontainemore, Gaby ed Issime. Il rododendro
monoflorale è possibile ottenerlo a partire dai 1500
circa, comune di Lillianes, fino ai pascoli alti delle due
Gressoney con percentuali di polline di rododendro che possono
arrivare fino al 60-70 %.
Le produzioni di miele di melata o misti, risultano del tutto
irrilevanti pur in presenza di piante potenziali produttrici
di melata quali tigli, aceri querce e abetaie; l’ormai
elevata professionalità degli apicoltori della valle
permette loro di muoversi lungo il Lys e a quote altimetriche
diverse producendo preziosi mieli monoflorali senza uscire
dai confini della valle a ulteriore conferma di quanto diceva
nel 1897 dal Chev. Louis Christillin che ricorda che ad Issime
[…] Les abeilles y donnent aussi un miel excellent.
(15)
Un ringraziamento particolare all’Associazione “Augusta”
di Issime per avermi offerto l’opportunità di
scrivere a favore della cultura apicola “autour du Lys”
e per aver fornito i termini in töitschu ed il sig. Eugenio
Squindo di Gressoney- St-Jean per aver fornito i termini in
titsch.
- C. Adamo, 2003. Apicoltura in Valle d’Aosta.
- R. Alby “La famiglia Alby : notizie storiche, genealogiche
e biografiche della casata. Raccolte e narrate da Renato
Alby”, Torino, novembre 1982.
- O. Zanolli. Lillianes. Aosta. 1985. pag 362
- op. cit. O. Zanolli. pag 362
- op. cit. O. Zanolli. pag. 362
- Langstroph usò fin da subito il telaino a quattro
lati mentre Dzierzön usava solo la stecca superiore
alla quale le api attaccavano il nuovo favo e per questo
chiamata porta favi.
- Cav. Cristille di Issime
- La Valle d’Aosta a quel tempo faceva territorialmente
parte dello stato Sabaudo
- Rignon F. , Giulio D., 1885. Arnia DUCALE d’Aglié,
o meglio Arnia ALBY. L’apicoltura Razionale risorta
in Italia. Dicembre 1885. Anno I n. 12 pag. 181-187.
- op. cit. R. Alby. 1982
- B. Cristillin. Come si conduce un apiario ad alto rendimento,
Caluso, 1938
- B. Cristillin. La vita dell’Ape e l’apicoltura
razionale intensiva, Torino, 1931
- Corrado Adamo. Tesi di Laurea in Apicoltura. Flora mellifera
e mieli della Valle di Gressoney a.a. 1984-1985
- op. cit. B. Cristillin., 1938
- L. Christillin. La Vallée du Lys, études
historiques. J.B. Stevenin Editeur. Aoste 1897 pag. 269
Alcuni termini apicoli
nel dialetto
Walser di Gressoney-St-Jean |
|
Alcuni termini apicoli
nel dialetto
Walser di Issime |
Italiano |
Titsch |
|
Töitschu |
Italiano |
affumicatore |
reiké |
|
béji |
ape |
bottinare |
goa vòn ein meio en d’andra |
|
briechtschu |
nido |
apicoltore |
bienò pfleger |
|
béjunuvass |
alveare |
ape |
bienò |
|
sünkun |
ronzare |
apiario |
bienòstock |
|
telainh |
telaio |
ammalarsi |
kerchrange |
|
wacks |
cera |
bugno, alveare |
bienòhus |
|
pinnju |
sciame |
nido |
näscht |
|
pinniun |
sciamare |
alveare |
bienòhus |
|
rauch |
fumo |
ronzare |
sussò |
|
dschoamulu |
tarma |
telaio |
gschpann |
|
eier |
le uova |
cera |
waks |
|
hunkh |
miele |
covata |
brietetò |
|
norru |
nutrire |
sciame |
bienòschwarm |
|
fuco |
fuco |
fumo |
rouch |
|
reinu |
regina |
tarma |
schabe |
|
wiltun béjini |
selvatiche (api) |
uova |
eier |
|
bürren da hunkh |
smielare |
miele |
hòng |
|
schopfji |
predellino |
nutrire |
cxxfuetrò |
|
tachji |
tetto |
operaia (ape) |
wéerchbienò |
|
oilljunh |
pungiglione |
fuco |
bienòmoachtél |
|
nawe wacks |
cera vergine |
pungere |
stéffò |
|
|
|
regina |
chénégé |
|
|
|
selvatiche (api) |
hòngbréeme |
|
|
|
smielare |
abzie de hòng |
|
|
|
predellino |
stuel |
|
|
|
tetto |
tach |
|
|
|
raccogliere il miele |
zéeme zie de hòng |
|
|
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