Lingua e Dialetto Walser
Il repertorio linguistico
Issime vera isola linguistica in territorio romanzo e oggi prevalentemente italofono, è indicativa di un contatto intenso e di lunga durata con il mondo romanzo circostante, in questo diversamente dalla situazione delle altre comunità walser ancora esistenti in Italia, forse meglio descrivibili come penisole linguistiche. Al tempo stesso, tale posizione geografica ha comportato un’interruzione dei legami diretti con la madre patria vallesana, e più in generale con la Svizzera tedesca, probabilmente già in epoca appena successiva all’insediamento a sud delle Alpi. Infatti, i walser di Issime non sembrano avere mantenuto scambi di natura commerciale, culturale o famigliare con il Vallese, a differenza ad esempio dei walser di Gressoney, Formazza, Alagna e Macugnaga. Similmente, in epoca più recente gli issimesi non sono emigrati verso la Svizzera tedesca o la Germania ma verso la Francia, anche questo in netto contrasto, ad esempio, con Formazza e Gressoney. Di conseguenza la nozione stessa di isola linguistica e il tipo di lingua minoritaria usata appaiono profondamente diverse a Issime, rispetto al caso di altre comunità walser ancora presenti in Italia.
Il caso di Issime si presenta come particolarmente interessante per la compresenza di due gruppi etnici entro lo stesso ambito territoriale. Infatti, se una divisione netta di tale territorio negli attuali comuni di Gaby (ufficialmente di parlata francoprovenzale) e di Issime (ufficialmente di parlata alemannica) così come si presenta oggi è relativamente recente (1952), in precedenza la situazione doveva essere molto più fluida e l’insediamento walser deve essersi inserito quasi ad incastro in quello francoprovenzale. Sfortunatamente, tuttavia, la documentazione relativa a Issime è molto carente, se non del tutto mancante, nel periodo precedente l’XI-XII secolo, documentazione che sarebbe cruciale per risolvere le numerose questioni ancora aperte relativamente all’insediamento alemannico nel territorio della media valle del Lys (Thumiger, 1992).
Prove di questo insediamento ‘a macchia di leopardo’ hanno un riscontro, fra l’altro, nella toponomastica locale. In particolare, la toponomastica prediale seicentesca studiata da Bodo/ Musso (Augusta,1993) rivela un’alternanza di termini di origine alemannica e francoprovenzale sull’intero territorio degli attuali comuni di Issime e di Gaby a seconda dei passaggi di proprietà tra individui di entrambi i gruppi etnici. D’altra parte, la doppia denominazione di alcuni luoghi, com’è il caso del Pré des Allemands nel piano di Issime, cui corrispondono in tedesco le denominazioni bodo, sann e hasla a seconda della configurazione dei singoli appezzamenti (rispettivamente ‘piano’, ‘sabbia’, ‘noccioli’), è indice sia dell’antico plurilinguismo della media valle del Lys che della forte identità etnica dei due gruppi che si sono potuti mantenere ben distinti fino a oggi. A testimonianza dell’antico insediamento alemannico a macchia all’interno dell’intero territorio degli attuali comuni di Gaby e Issime è rimasta fino agli anni 1950-60 la frazione germanofona di Niel, parte del comune di Gaby.
Più o meno alla stessa epoca dei dati toponomastici citati sopra, risale un testamento (1630), redatto in francese, nel quale i testamentari (due coniugi appartenenti al gruppo etnico alemanno) devolvono un lascito al curato di Issime perché la parrocchia si prenda cura dell’istruzione e dell’apprendistato dei loro discendenti, si occupi cioè di “l’enseigner a servir messe, l’aprendre d’escole, lire et parler langue todescque, icelui nourrir et frayer les utensilz convenablement” (Bodo/Musso 1994 ; Stevenin 1999). Si legge, dunque, come all’epoca dovesse apparire legittimo richiedere un’istruzione di base in tedesco pur riconoscendo implicitamente al francese il valore di codice ‘alto’ nell’ambito della comunità e della microregione, ad esempio stilando il documento in questa lingua.
Il ruolo dei prestiti dal francese, dal patois di Gaby, dal piemontese è notevole, in diversi ambiti semantici, un’eredità della tradizione culturale francofona nella quale la comunità walser di Issime è immersa da sempre e che è mantenuta ancora oggi, seppure in maniera molto diversa, e alla quale in ultimo si è aggiunto l’italiano.
Il dialetto Walser oggi
Oggi in entrambe le località il dialetto tedesco occupa contemporaneamente la fascia più alta e quella più bassa dei rispettivi repertori linguistici. Per quanto riguarda l’uso linguistico spontaneo, il dialetto walser locale si situa nella fascia bassa del repertorio, in quanto codice esclusivamente orale, interno alla comunità e limitato a una gamma abbastanza ristretta di interlocutori e situazioni. D’altra parte, lo stesso dialetto walser è oggetto di processi molto espliciti di mistificazione e reificazione culturale, istituzionale e, in parte, commerciale. Questo ha fatto del walser un codice apprezzato e tutelato, oggetto di tentativi di standardizzazione e di attività orientate allo scritto, nonché prodotto di consumo. Questo ruolo paradossale del dialetto walser interessa in realtà solo una piccola parte della popolazione delle due comunità, cioè quella impegnata nelle attività culturali; ma, dato il peso che tali attività hanno in comunità così piccole, tutti sono perlomeno consapevoli del nuovo ruolo del dialetto walser come lingua scritta di cui è disponibile appunto il dizionario e la grammatica, a dimostrazione della sua sistematicità e del suo rango di lingua a tutti gli effetti. Come nota giustamente Zürrer (1999: 43-45) a proposito di Issime, mai il töitschu è stato scritto tanto come negli ultimi decenni. Da questo consegue che il dialetto locale, che per secoli ha occupato la fascia bassa del repertorio di piccole comunità di montagna, si debba oggi adeguare alle esigenze dello scritto, sebbene locale, e di ambiti comunicativi più estesi.